"Lei sta all'orizzonte: mi avvicino due passi, lei si allontana due passi. Cammino dieci passi, e l'orizzonte si allontana dieci passi più in là. Per molto che io cammini, mai la raggiungerò. A che serve l'utopia? A questo serve: a camminare!"
(Eduardo Galeano)

mercoledì 31 ottobre 2007

INTRECCI E LA SUA IMPORTANZA SOCIALE...

Ieri sera ho partecipato all’incontro aperto a tutta la cittadinanza della coop. Intrecci durante la quale sono intervenuti mons. Angelo Brizzolari (vicario episcopale di zona), il sindaco Roberto Zucchetti, don Roberto Davanzo (direttore Caritas Ambrosiana) e il dott. Massimo Minelli (presidente coop. Intrecci).
Una serata davvero interessante che mi ha portato a riflettere molto su quello che può significare oggi la presenza di una realtà come Intrecci nel territorio di Rho. Il sottotitolo della serata era: “…ieri, oggi, domani…” Ed è proprio da qui che parte la mia riflessione, e più specificamente da quello che oserei definire “l’altro ieri”. Negli ultimi decenni l’Italia ha abbandonato lentamente il modello di welfare-state, nel quale tutte le funzioni sociali erano in capo all’amministrazione centrale. Con l’avvento di un mercato economico più moderno e meglio controllabile, si è andati sempre più verso un modello di stato-regolatore, e verso questa direzione stanno camminando anche le istituzioni europee. Questo passaggio ha comportato il passaggio degli oneri delle politiche sociali agli enti locali che hanno, a loro volta, visto evolvere il loro ruolo e compito in questo ambito. E si arriva a “ieri”, periodo nel quale, sparse su tutto il territorio italiano, sono nate e cresciute le cooperative come quella di Intrecci. Sono nate sotto anche un’innovazione legislativa che le ha fatte crescere e distinguere da altre cooperative in questi anni. Oggi infatti si sono sviluppate e si vanno sempre più delineando come attori del welfare sociale comunale. Per la verità siamo ancora in una fase di transizione e di cambiamento come dimostrano le innovazioni che anno dopo anno si stanno verificando nell’organizzazione dei servizi sociali degli enti locali (vedi nel rhodense l’apertura di Sercop). E da queste incognite del futuro si apre il domani del terzo settore sociale. Discussione infinita che implica anche la visione di quale stato vogliamo costruire domani per il nostro futuro e che rimando per il momento ad altra sede.
Tutto questo per inserire il cammino della coop. Intrecci all’interno del sistema più ampio nel quale si muove e capire cosa possa voler dire oggi a Rho una realtà come questa. Singolare e significativo il simbolo della cooperativa che rappresenta per l’appunto una rete nella quale un filo è colorato di rosso e rappresenta il contributo che questa realtà da alla società intera. Oggi la rete assume sempre più significato, soprattutto nel fatto che questa è composta da una serie di attori pubblici, privati e del terzo settore (quello delle cooperative). La rete nel suo comporsi di tanti fili riesce a portare avanti le politiche pubbliche verso soprattutto i bisognosi e i più deboli. Questo non fa altro che creare un valore inestimabile per le città e i territori. Ed è stato questo forse uno dei grandi assenti della serata, ovvero il valore sociale creato dalle attività e dagli innumerevoli progetti messi in piedi con veramente pochissime risorse. Non è una quantità misurabile questa, anzi, se la si dovesse misurare in termini di entrate e uscite sarebbe molto probabilmente in perdita! Ma un ente pubblico quale è il comune non può fermarsi alla superficiale analisi di “quanto spendo per”, ma deve entrare molto più nel profondo dell’analisi e andare a cogliere il valore, in termini sociali culturali ed economici, che ne scaturiscono dall’impiego di queste risorse. L’ente non può delegare ai privati il fondamentale compito della prossimità al più debole e della conseguente coesione sociale. Non è loro compito quello di badare a queste persone emarginate dalla società, ma è loro interesse contribuire per valorizzare e aiutare le persone in stato d’emergenza. Non possiamo lasciare sulle spalle di privati che si organizzano fra loro queste importanti ed essenziali funzioni d’interesse pubblico. E soprattutto loro stessi hanno bisogno del sostegno dello stato nella letterale battaglia che ogni giorno compiono nella società. E questo meccanismo avviene solamente attraverso la presenza sul territorio di uno stato attivo e moderno, nello specifico l’ente locale, che sa guardare la realtà del territorio in una visione di insieme e sa individuare e indirizzare le risorse per le priorità sociali del territorio, creando anche economie di scala per poter accrescere e migliorare i propri servizi. Un privato, anche se super organizzato, non avrà mai i poteri, la forza e le competenze per fare questo tipo di politiche da solo. Esso deve essere sorretto politicamente e finanziariamente dagli enti locali presso cui opera.
Un’ultima cosa. Una nota di dispiacere della serata è stata quando il nostro sindaco ha definito del tutto inefficienti e condannato prima i sistemi di raccolta e seguente distribuzione delle tasse, poi l’inefficace strumento dei concorsi e bandi pubblici che non allocherebbero al meglio le risorse pubbliche. Una visione negativa dello stato che anche in altre occasioni il nostro sindaco non ha mai mascherato. Non voglio entrare nel merito di queste questioni, ma nel metodo. Infatti rimane il fatto che la responsabilità di queste cose è della classe politica, lui e io compresi. Nessuno dei due ha mai partecipato alle decisioni che hanno portato all’utilizzo di questi sistemi in Italia, ma entrambi (insieme a tutti gli amministratori e politici) dobbiamo farcene carico e migliorare laddove è nelle nostre possibilità, ma mai dobbiamo denunciarle come se fosse una cosa che non sia nella nostra sfera di competenza o responsabilità. Credo che nel momento in cui si rompe questo meccanismo è l’intero sistema intergenerazionale che va a pezzi, portando con se il crollo inevitabile della credibilità delle istituzioni nazionali.
Per adesso è tutto. Ho tralasciato alcuni passaggi delle mie riflessioni per ragioni di spazio e se ne potrebbero aggiungerne molte altre. Spero per questo di non essere frainteso nel caso. Vi invito inoltre come al solito a lasciare i vostri commenti o richieste magari di chiarimento.


Andrea

1 commento:

  1. Ringrazio Andrea per il report, non solo prezioso per chi non era presente, ma per la lucidità dell'analisi e delle osservazioni. E' esattamente questo sentire "lo Stato" come altro da noi una delle peggiori distorsioni culturali italiane: la "res publica" (=cosa di tutti) in democrazia è il prodotto dell'azione di tutti, nessuno escluso, ciascuno nel suo ruolo e la sua responsabilità, di eletto o elettore, di protagonista o sostenitore o oppositore dell'azione istituzionale; e le qualità della res publica, positive o negative che siano, rispecchiano senza eccezioni il mix dei "tutti" che la generano e la costituiscono.
    E'l'assunzione di responsabilità che manca in troppi cittadini italiani. Che tristezza vederla confermata anche da un sindaco (ma ancora una volta: è il sindaco che piace al 62% dei cittadini italiani rhodensi...). C'è tanto lavoro per chi la pensa come Andrea e come Intrecci e come i Democratici, su un terreno dove la cultura dell' "io" ha desertificato quello che faticosamente in anni più favorevoli alla cultura del "noi" si era pur costruito, nel nostro Paese...

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